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Dal 30 giugno al 2 luglio si è svolto il primo campo speleo organizzato dal gruppo “le forre del tirreno”, in località Sant’Angelo a San Lucido (provincia di Cosenza), dal caratteristico nome calabrese “AZZOP’U PEDE”, al quale ho partecipato. I ragazzi, alle prese con il loro primo campo, se la sono cavata non bene, di più! Il campo era su in montagna a quota 911 m, in un campo dove avevano precedentemente tagliato l’erba alta e ripulito tutto, portando anche l’acqua vicino alle tende e ai tavoli con un tubo collegato alla fontana sull’altro lato della strada. L’ospitalità, la simpatia, l’intrattenimento (la sera si ballava e cantava) e soprattutto la cucina erano perfetti, infatti ho invitato il cuoco ad una gara culinaria con Franz!. Dal punto di vista esplorativo, si tratta di una zona abbastanza vergine, negli ultimi due anni i ragazzi, con l’aiuto di alcuni gruppi pugliesi, hanno cominciato ad aggiungere nuove grotte alle pochissime già conosciute (e continuano a farlo!). Le grotte finora esplorate raggiungono profondità massime intorno ai 50 m e sono prevalentemente suborizzontali e acquatiche (anche in questo periodo di siccità le grotte sembrano non averne risentito) poichè la catena costiera cosentina ha uno spessore di rocce carbonatiche intorno ai 70 m, terminante su un basamento cristallino metamorfico, quindi la possibilità di approfondimento delle cavità ipogee è abbastanza ristretto. Lo scopo del campo, oltre a quello si farsi conoscere e far conoscere le proprie zone, era quello innanzitutto di rilevare un ramo nuovo della “grotta Sant’Angelo” (la più estesa) dopo il sifone, a circa metà del suo sviluppo, ma, purtroppo, il livello dell’acqua era troppo alto e non poteva essere superato (considerando che è un collo d’oca); questo ramo è importante poiché va nella direzione del sifone di valle della “grotta Mario e Andrea” e i due sifoni distano circa 20 metri. Nemmeno in quest’ultima si è riusciti a fare granchè poiché, sia nel sifone di valle che in quello di monte, vi era troppa acqua e fango “liquido” (appena si arriva al fondo si sprofonda nel fango di circa 50 cm). Inoltre, diversi gruppetti di persone sono stati alla “grotta Provenzano” dove bisognava migliorare l’armo e disostruire al fondo; altri, alternativamente, si sono occupati dell’esplorazione principale alla “Risorgenza nuova” che prevedeva l’allargamento delle condotte (veramente strette) e il passaggio nel condotto allagato (ancora più stretto) per vedere se continuava la grotta. La disostruzione col il martello demolitore (grazie ad un generatore portato fuori alla risorgenza) ha portato all’allargamento di alcuni punti così da riuscire ad estrarre il materiale mano a mano prodotto che altrimenti avrebbe ostruito totalmente i condotti. Il primo a provare a superare il condotto allagato è stato Selleri ma, a causa di uno spuntone, non ci è riuscito, quindi ci ho provato io e ho superato il punto critico notando che lì la grotta chiude e che si tratta effettivamente di un sifone. La grotta potrebbe proseguire verso l’alto, sopra il sifone, ma è un posto difficile per lavorare che va ancora allargato poiché si è totalmente in acqua e girati su un fianco senza possibilità di cambiare posizione (considerando che si entra di faccia e si esce di piedi), sarà sicuramente oggetto delle prossime esplorazioni. Personalmente sono stata anche alla “grotta del Disfattista”, insieme a Giampaolo Pinto, per controllare il livello dell’acqua nel sifone terminale ma, avendo finito le corde non siamo riusciti a raggiungere il fondo; dopo di noi nessuno più è entrato a causa della diventata famosa “vacca in decomposizione” le cui ossa, sparse all’ingresso e in una strettoia iniziale, puzzavano talmente tanto che, a parte il senso di vomito (che ho avuto per tutta la grotta e anche dopo) ancora adesso mi chiedo come abbiamo fatto a strisciarci sopra e a passare oltre (è stata una delle più brutte esperienze mai vissute che ricorderò per sempre!!!). Oltre queste già conosciute, ne è stata esplorata e rilevata un’altra: la “grotta Du Liepuru” (così chiamata a causa di una lepre morta al suo interno). Infine, ho invitato tutti i calabresi al nostro campo speleo in Alburni e sono rimasti tutti contenti.

Maria Venezia

Foto delle grotte e del campo a cura di Giampaolo Pinto

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